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Cosa sono le lesioni della cartilagine

Le lesioni della cartilagine articolare sono molto frequenti: è stato calcolato che il 66% dei pazienti di 35 anni, che vengono operati per un qualunque problema del ginocchio, presenta una condropatia! Considerato la giovane età degli esaminati è facile capire quanto esteso sia questo problema.
Ogni articolazione può esser soggetta ad una lesione della cartilagine ma quelle che devono portare il peso del corpo, come l’anca, il ginocchio e la caviglia, sono le più colpite.Schermata 2016-04-03 alle 17.36.31
Fino a qualche anno fa la diagnosi di una condropatia era paragonabile ad una sentenza senza appello: non ci sono soluzioni, l’unica possibilità è attendere il più possibile e poi ricorre alla sostituzione dell’articolazione con una protesi artificiale.

Come si cura 

Per fortuna le biotecnologie sono venute in nostro aiuto e ci hanno dato i mezzi per ricostruire il tessuto danneggiato: dal 2007 adotto un metodo di rigenerazione della cartilagine chiamato rigenerazione autologa con scaffold, che dà ottimi risultati e permette di far ricrescere questa importantissima parte dell’articolazione.

Un poco di storia…

Questo metodo è un’innovazione, figlia di precedenti tecniche adottate negli anni passati: il vero primo tentativo di far rigenerare la cartilagine è stato effettuato negli anni ’90, con una metodica chiamata ACI, sigla inglese per Autologous Chondrocyte Impantation (impianto di condrociti autologhi), che consisteva nel prelievo con un intervento chirurgico di cellule cartilaginee dal paziente, il loro invio in un laboratorio specializzato per una coltivazione e produzione di un tessuto impiantabile e un secondo intervento in cui posizionare il tessuto.
Una modifica di questa tecnica, la cosiddetta ACI di seconda generazione, si basava sulla coltivazione delle cellule non più libere, ma su un tessuto che funge da impalcatura chiamata scaffold.
Queste metodiche non hanno avuto buoni risultati clinici: basandosi sulle cellule prelevate da una cartilagine già cresciuta, la capacità di produrre nuova cartilagine è limitata. Fisiologicamente, la produzione di questo tessuto è data da cellule particolari, dette condroblasti, che derivano a loro volta da cellule staminali presenti nell’articolazione. I condroblasti producono la cartilagine un poco come i bachi producono la seta: al termine della produzione infatti i condroblasti rimangono inclusi,come i bachi, nel tessuto da loro prodotto e cambiano aspetto, funzione e capacità di lavorare. Schermata 2016-04-03 alle 22.47.39Da condroblasti queste cellule diventano condrociti e producono solamente alcune proteine che aiutano a mantenere sana la cartilagine e non sono più in grado di “tornare indietro” e ritornare ad essere condroblasti.
Il materiale prodotto da queste cellule non è una vera cartilagine ed ha una durata assai limitata; inoltre questa metodica ha un costo molto elevato per le strutture sanitarie e causa al paziente il disagio di doversi sottoporre a due interventi chirurgici.

La novità

L’idea della nuova tecnica è semplice, come spesso succede, e nasce dalle analisi precedenti e da questa considerazione: per fare un tessuto normale è necessario usare… le cellule giuste!
Non abbiamo a disposizione i condroblasti (dopo la nascita in effetti sono praticamente spariti avendo finito il loro compito), ma abbiamo, in una posizione relativamente comoda, i loro genitori: le cellule mesenchimali staminali.Schermata 2016-04-03 alle 22.49.05

Utilizzando le staminali presenti nelle ossa è possibile rigenerare una cartilagine normale, facendole trasformare in condroblasti, che sanno fare una cosa sola, ma bene: la cartilagine.

Come si fa

Da questa idea di base si è sviluppata questa nuova metodica che utilizza le biotecnologie in maniera molto avanzata: dopo aver creato una comunicazione tra la zona danneggiata e la zona di osso ricca di cellule mesenchimali, si posiziona uno scaffold che possa accogliere queste cellule facendo da imfig10palcatura per la loro crescita.
Ma come è possibile “comunicare” alle staminali di diventare condroblasti?
E’ necessario usare un prodotto particolare ottenuto dal sangue del paziente stesso, che si chiama gel piastrinico o PRP.

Questo derivato del sangue contiene una concentrazione elevatissima di piastrine che nel corpo svolgono la funzione di magazzini circolanti: hanno al loro interno infatti dei granuli che contengo più di 500 sostanze dai moltissimi scopi.
Quando è necessario le piastrine arrivano e liberano il loro contenuto dove serve, come ad esempio dopo una ferita per aiutare la formazione di un coagulo; tanti, tra gli svariati elementi presenti nei granuli, non abbiamo idea a cosa servano. Per fortuna conosciamo invece l’effetto di un gruppo di sostanze dette PDGF (fattori di crescita delle piastrine) che fanno moltiplicare le cellule mesenchimali e le stimolano a trasformarsi in condroblasti: ed eccoci arrivati al passo più importante della rigenerazione, le cellule giuste al posto giusto!
La cartilagine ottenuta è una cartilagine normale, con tutte le sue caratteristiche di durata e di efficacia necessarie per una articolazione.

I risultati 

Si potrebbe dire che questa è teoria ma nella pratica?
Avendo iniziato nel 2007 i risultati sono ormai molto conosciuti e la rigenerazione è stata studiata nei minimi dettagli: sono stati eseguiti molti prelievi per esaminare il nuovo tessuto che si è formato e gli esami istologici hanno confermato essere una cartilagine normale.
I pazienti hanno avuto un grande miglioramento con la scomparsa dei disturbi provocati dal danno cartilagineo ed un ritorno alle normali attività.
Questo intervento è indicato in caso di sofferenza della cartilagine di grado medio-elevato delle articolazioni maggiori (anca, ginocchio, caviglia, polso, omero) nei pazienti al di sotto dei 55 anni. Per i pazienti tra i 55 e i 65 anni è necessario aumentare il numero delle cellule staminali prelevandole da una altra zona del corpo, di solito il bacino.
In rari casi l’intervento si può effettuare anche in età più avanzata.
Al successo di questa procedura ha contribuito senz’altro la sua mini invasività, creando pochi disagi al paziente che in effetti sente molto poco dolore: deve solo non appoggiare l’arto operato a terra per 2 settimane e poi non deve fare nulla di speciale, se non ritornare a fare la vita normale: il laboratorio della sua articolazione è al lavoro!
La ripresa completa avviene di solito senza che sia necessaria una specifica fisioterapia e il ritorno alla normalità è di solito dopo 45-50 giorni.
La migliore evidenza dell’efficacia di qusta metodica è data dall’altissimo numero di pazienti trattati; dal Giugno 2007 al Dicembre 2015 sono stati trattati:

  • 429 pazienti con 479 interventi (50 bilaterali) con lesioni al ginocchio
  • 94 pazienti con 97 interventi con lesioni alla caviglia
  • 39 pazienti con lesioni del polso
  • 81 pazienti con lesioni dell’anca
  • 13 pazienti con lesioni omerali

E’ con grande orgoglio che cito questi numeri in quanto è di gran lunga la più grande casistica di questi interventi al mondo!Schermata 2016-04-03 alle 17.46.53

Altre cose… importanti!

Spesso non è possibile trattare solo la lesione cartilaginea ma è necessario eliminare la causa che l’ha provocata. Questi interventi aggiuntivi“, che vengono effettuati contemporaneamente alla rigenerazione articolare, sono diversi a seconda della sede.

Ginocchio

  1. Osteotomia tibiale varizzante o femorale valgizzante.
    Sono indispensabili quando il danno cartilagineo deriva da una deviazione dell’asse di carico dell’arto: se non modificato porterebbe ad un rapido consumo anche del nuovo rigenerato.
  2. Osteotomia tibiale perirotulea
    Quando la lesione è rotulea a volte è necessario riposizionare l’inserzione del tendine rotuleo per spostare la rotula in posizione migliore.
  3. Ricostruzione del legamento femoro patellare mediale
    A volte il problema rotuleo di base è l’instabilità dellla rotula che viene corretta ricostruendo il principale legamento stabilizzatore della rotula.
  4. Artrodiatasi
    Un numero elevato di pazienti presenta lesioni condrali del ginocchio complesse sia per la grandezza, quando sono superiori a 3 cm, che per il numero, ad esempio lesioni sia mediali che laterali o sia tibiali che femorali. Questi problemi sono i più difficili da risolvere perché oltre la rigenerazione è necessario unire una componente meccanica per facilitare la guarigione. In questi pazienti si ricorre all’artrodiatasi (negli USA viene chiamata KJD, knee joint distraction). Il significato di questa parola è “apertura dell’articolazione” e descrive bene la metodica. Al termine dell’intervento di rigenerazione si posiziona un sistema detto fissatore esterno, costituito da 2 o 4 vitoni che vengono avvitati sia al femore che alla tibia. Queste viti vengono collegate all’esterno da un barra rigida con dei morsetti. La “diatasi”, cioè l’allontanamento delle due parti dell’articolazione, viene effettuata fissando nella maniera programmata la barra sulle viti. Il fissatore viene tenuto in sede dai 15 ai 35 gg a seconda della gravità e si rimuove con facilità. In questo periodo bisogna lasciare in assoluto riposo l’articolazione quindi non si può muovere il ginocchio o appoggiare il piede a terra. Se la durata è di 35 gg di solito si rimuove la barra per un giorno a metà percorso, per mobilizzare il ginocchio fuori carico. Il sistema è assolutamente indolore e lascia cicatrici puntiformi. I risultati sono eccellenti, tanto è vero che a volte viene utilizzato da solo, senza rigenerazione, nei casi più semplici, dove migliora la condropatia presente, solo con l’aggiunta di un trattamento infiltrativo.

Grazie ai notevoli progressi dei mezzi di sintesi usati in queste procedure, il tempo di recupero è pressochè identico alla procedura artroscopica da sola.

Anca

Trattamento del F.A.I.
Molto spesso la lesione cartilaginea dell’anca deriva da una condizione chiamata F.A.I. (Femoral Acetabular Impingement) caratterizzata da un impatto tra il collo femorale e l’acetabolo durante i movimenti. E’ una patologia molto frequente e porta, con l’andare del tempo, ad un’artrosi dell’anca, con questo meccanismo: l’impatto durante il movimento porta prima ad un lesione del cercine articolare, che è la “guarnizione” dell’anca, poi al distacco della cartilagine acetabolare, e infine alla scomparsa della cartilagine nella parte superiore e alla comparsa di un coxartrosi.
Il trattamento chirurgico mini-invasivo (piccola incisione di circa 5 cm. davanti all’anca) di questa patologia associata alla rigenerazione della cartilagine permette di evitare il peggioramento della situazione che porterebbe ad un trattamento protesico, anche se purtroppo spesso i primi sintomi sono tardivi ed è troppo tardi per intervenire.

Caviglia

Mentre le lesioni cartilaginee della caviglia sono abbastanza frequenti, la necessità di aggiungere altre fasi chirurgiche è raro. Solo nei casi di grandi deviazioni dell’asse della tibia è indicato procedere ad una osteotomia. Molto spesso il trattamento artroscopico non è possibile, si usa una piccola incisione anteriore.

Polso

Il trattamento delle lesioni articolari di polso non necessita di norma di interventi aggiuntivi.

Omero

Le lesioni omerali sono rare in quanto la spalla non è sottoposta al carico e di solito non necessita di ulteriori interventi.

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